microplastiche 2La nostra sicurezza alimentare è a rischio.

 

Gli studi hanno confermato la presenza di microplastiche nel cibo e nell'acqua, sia del rubinetto che in bottiglia: l'elevata presenza di micro e nano plastiche nei mari, nei fiumi e nel sottosuolo finisce nei nostri piatti grazie alla catena alimentare.

Il consumo di cibo, quindi, è considerato una delle vie più significative di esposizione umana a queste piccole particelle di plastica.

Per MECCANISMO DIRETTO: irritazione e infiammazione del tratto gastrointestinale; accumulo nei fagociti, le cellule del sistema immunitario in grado di distruggere gli elementi estranei e gli agenti patogeni, con relativa compromissione della risposta immunitaria locale.

Per meccanismo di DANNO INDIRETTO: dovuto al rilascio di additivi (PBDE, ftalati, biossido di titanio, coloranti al piombo) per degradazione, assorbimento di altri contaminanti (metalli pesanti, pesticidi, POPs) e sviluppo di biofilm batterici. Quest'ultimo meccanismo è una conseguenza diretta della principale caratteristica della plastica, l'idrofobia, cioè la capacità di non assorbire e non trattenere acqua, che porta le microplastiche a sviluppare pellicole esterne di microorganismi che vengono trasportati anche per lunghe distanze.

 

DOVE LE TROVIAMO?

Purtroppo, negli ultimi 50 anni la quantità di materie plastiche prodotta è costantemente aumentata e oltre, che nell'ambiente, vari studi hanno valutato la presenza di micro e nanoplastiche nei prodotti della pesca (in particolare frutti di mare) e anche in altri come sale, zucchero, miele, birra e acqua, contenitori per alimenti, con effetti nocivi sulla salute quali: neurotossicità, stress ossidativo e immunotossicità.

Una volta ingeriti, possono causare tossicità, infiammazioni, sfociare in disturbi metabolici, neurotossicità e aumento del rischio di cancro nell'uomo.

L’uso più comune della plastica è nel packaging (il 40%), seguito dal loro uso nell’edilizia, nell’industria automobilistica, nell’elettronica e nei materiali domestici. Questo utilizzo è incentivato dal basso costo e dalle caratteristiche vantaggiose, tra cui la malleabilità, il peso leggero e le proprietà di barriera al gas (quest’ultima favorisce il loro uso anche nell’industria alimentare). Ma, le stesse proprietà li rendono anche meno soggetti al degrado, aumentando così la loro durata nell’ambiente, con conseguenze non solo per la sostenibilità ambientale, ma anche per la sicurezza alimentare e la salute pubblica.

Le materie plastiche possono essere suddivise in particelle più piccole, classificate per dimensioni: macro, micro e nanoplastiche, a loro volta costituite da particelle più piccole che agiscono nell'organismo dopo l'ingestione.

Le preoccupazioni nascono sia dal fatto che queste particelle sono tossiche, sia dalle alte concentrazioni di agenti inquinanti quali policlorobifenili (PCB) e idrocarburi policiclici aromatici (IPA), che possono accumularsi nelle microplastiche. O anche residui di composti usati negli imballaggi, come il bisfenolo A (BPA). Alcuni studi indicano che le microplastiche, dopo il consumo negli alimenti, possono trasferirsi nei tessuti.

È quindi importante stimare l'assunzione media - sostiene il Dott. Peter Hollman (ricercatore capo), che ha assistito gli esperti dell'EFSA (autorità Europea per la sicurezza alimentare) nella redazione della "dichiarazione sulla presenza di particelle di microplastica e nanoplastica negli alimenti", raccomandando l'importanza di continuare la ricerca, per poter affrontare al meglio il problema.

 

Fonte: Ufficio Stampa C.P.