La Fondazione Santa Lucia IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico), in collaborazione con l’Istituto di Farmacologia Traslazionale del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma (CNR-IFT), realizza e pubblica uno studio in cui individua possibili strategie terapeutiche per bloccare le sindromi autistiche nelle donne.
I disturbi dello spettro autistico (ASD) rappresentano un insieme di disturbi neuroevolutivi (come il deficit di attenzione/iperattività), che influenzano la vita sociale delle persone: queste, infatti, hanno difficoltà a stabilire relazioni sociali normali, usano il linguaggio in modo anomalo o non parlano affatto e presentano comportamenti limitati e ripetitivi. I caratteri tipici dell’autismo quindi, si manifestano con la difficoltà di comunicare e relazionarsi con gli altri.
In una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica del gruppo Nature Translational Psychiatry, l’ASD si manifesta con un rapporto di prevalenza maschi-femmine di 4:1, un dato che ha portato la ricerca a concentrarsi sulle sindromi autistiche del genere femminile. “Un ruolo chiave”, spiega Annabella Pignataro, neurobiologa e ricercatrice CNR-IFT, “è stato attribuito ai geni implicati nella formazione e nel corretto funzionamento delle sinapsi eccitatorie ed inibitorie: alterazioni di tali geni determinano uno squilibrio nel bilancio eccitazione/inibizione. Lo studio è stato, pertanto, condotto utilizzando un modello sperimentale in cui la mutazione del gene proautofagico Ambra altera il bilancio eccitazione/inibizione e produce un fenotipo autistico esclusivamente nel genere femminile. Il meccanismo attraverso il quale la mutazione contribuisce all’insorgenza della sindrome risiede nell’insufficienza dei processi autofagici, ossia quelle funzioni attraverso le quali le cellule si liberano degli scarti metabolici”.
“Oltre a ripristinare normali livelli di eccitabilità nei neuroni ippocampali”, conclude Pignataro, “questa tecnica si è rivelata in grado di contrastare i disturbi neuronali caratteristici dell’autismo, di ristabilire la plasticità sinaptica ed i livelli dei recettori degli estrogeni in ippocampo, e soprattutto di prevenire l’insorgenza di comportamenti disfunzionali nell’ambito dell’interazione sociale e dell’attenzione: un risultato che apre nuove e concrete prospettive per trattamenti specificamente progettati per le donne autistiche”.